L'illusione economica. La crisi globale del neoliberismo

L'illusione economica. La crisi globale del neoliberismo

La globalizzazione dei mercati è una realtà. Reali sono i meccanismi che l'hanno resa possibile: libera circolazione di merci, capitali e manodopera. Tangibili e misurabili gli effetti che ha prodotto: abbassamento dei redditi da lavoro non qualificato, aumento della disuguaglianza economica, tendenza generalizzata alla stagnazione. Ma nell'economia mondiale omogenea e perfettamente integrata, pensata dai teorici neoliberisti e perseguita da governi e organismi finanziari occidentali, c'è anche qualcosa di illusorio. Il capitalismo giapponese è diverso da quello americano come da quello europeo, a sua volta segnato da differenze sostanziali tra stato e stato. E non potrebbe essere altrimenti, perché l'economia non è il vero motore della storia, ma una sovrastruttura determinata da fattori culturali e antropologici profondi. Per Emmanuel Todd, sociologo e demografo, l'attuale crisi del modello di sviluppo occidentale, iniziata ben prima dell'11 settembre e non ancora terminata, è in realtà una crisi di civiltà scatenata dal tentativo di esportare in tutto il mondo l'individualismo e il consumismo anglosassoni, dal declino della solidarietà familiare e sociale, dal progressivo deterioramento del sistema educativo, dall'invecchiamento della popolazione. Analizzando gli effetti di ciascuno di questi fattori sul mondo della produzione e del consumo, Todd conclude che il pericolo del ristagno economico e dell'aumento della povertà non può essere scongiurato giocando con i tassi di sconto o abbattendo le frontiere commerciali, secondo la ricetta neoliberista. È invece necessario ristabilire un equilibrio tra domanda e offerta di cui possano beneficiare anche i lavoratori, valorizzare il legame sociale, rilanciare il valore dell'istruzione. L'unica istituzione storica che abbia favorito un progresso in questi campi è la nazione: è tempo di ripensare la sua struttura e le sue possibilità, senza temere di schierarsi a favore di un protezionismo rinnovato, non egoista, che sia strumento di benessere per tutti.
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