Nei luoghi oscuri della saggezza
La vita dell'uomo contemporaneo è segnata da un senso di vuoto, da una ricerca di interiorità che approda sempre più spesso alle religioni dell'Oriente o alle suggestioni di pratiche spirituali alternative. La nostra civiltà si caratterizza, insomma, per la sua cultura della rimozione, una rimozione che riguarda in primo luogo le sue stesse origini, cioè quegli insegnamenti che ancora oggi potrebbero aiutarci a dare pienezza alla vita, a capire quali sono i nostri bisogni più profondi e a comprendere la nostra vera essenza al di là delle apparenze. Per spezzare questa sorta di 'inganno', Peter Kingsley conduce il lettore in un'esplorazione del mondo antico, e più precisamente della cultura presocratica, che risulta cruciale per ripensare il nostro atteggiamento nei confronti dell'esistenza. Al centro di questo appassionante viaggio 'nei luoghi oscuri della saggezza', l'autore pone la scoperta di alcune iscrizioni rinvenute tra le rovine di Velia, vicino a Paestum, intorno al 1960, che la scienza ufficiale ha preferito ignorare o far passare sotto silenzio. Da quei testi emerge in modo inconfutabile l'esistenza di un pensiero che non ci è stato tramandato dai filosofi successivi: più di duemila anni fa nell'Italia meridionale e in Sicilia esistevano saggi, a un tempo mistici, maghi e guaritori, in grado di penetrare l'essenza delle cose, di spingersi oltre il mondo sensibile. Erano gli eredi di Pitagora e Parmenide, e il loro insegnamento non ha origini astratte o teoriche, ma è profondamente pratico, e si basa sull'esperienza di stati di coscienza legati alla dimensione onirica ed estatica. L'Occidente, però, ha dimenticato questa sapienza, ha seguito la via di Platone e di Aristotele, quella dell'astrazione e della speculazione intellettuale, perdendo così ogni contatto con le proprie origini spirituali e mitiche.