Architettura neoclassica tedesca (1740-1840)
Tra Kant e Fichte, dall'età di Federico il Grande (1712-86) all'epoca di Federico Guglielmo IV (1795- 1861): questi gli estremi tra i quali si dipanano le vicende che David Watkin e Tilman Mellinghoff analizzano in questo volume. Scopo dei due autori è ricostruire la formazione di una cultura architettonica destinata a esprimersi in maniera originale, di linguaggi e sperimentazioni stilistiche articolati ma motivati da profonde ragioni ideologiche. La storia dell'architettura tedesca tra la metà del Settecento e la morte dei Schinkel (1841) coincide con l'affermarsi di esperienze formali le cui aspirazioni paiono condividere le tensioni ideali e politiche che porteranno alla costituzione della nazione tedesca. Schinkel si colloca all'apice di questa parabola. Espressione compiuta delle inesauribili dialettiche classico/romantico, la sua opera, come intuì Theodor Fontane, trae ispirazione dai valori radicati del prussianesimo, pur interpretando le profonde trasformazioni storico- sociali successivve alla fine delle guerre napoleoniche. Watkin e Mellinghoff ordinano con precisione il vasto e eterogeneo materiale storico sul quale si esercita la loro ricerca. Inizialmente essi discutono le influenze subite dalla cultura tedesca da parte di modelli di derivazione francese e inglese nel secondo scorcio del Settecento. Dedicano quindi un capitolo alla formazione dello stile prussiano interpretato, tra il permanere di influssi francesi, da grandi architetti quali Friedrich Gilly, Heinrich Genz, Peter Speeth, le cui attività sono da porsi in relazione a quanto compiuto da Schinkel, protagonista peraltro delle pagine centrali del libro. Due capitoli si occupano poi degli sviluppi dell'architettura neoclassica nel nord e nel sud della Germania, mentre separatamente viene trattata l'opera di Leo von Klenze, il costruttore del Walhalla e della Gliptoteca di Monaco, rinnovatore in Baviera delle imprese delle quali Schinkel è protagonista a Berlino.
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