L' ombra di Vautrin. Proust lettore di Balzac
Gli ultimi dieci anni dell’Ottocento sono un momento cruciale per la fortuna di Balzac: è allora che comincia ad essere definito unanimemente “il padre del romanzo moderno”. Proprio in quegli stessi anni esordisce con articoli, poesie e traduzioni Marcel Proust, più sensibile inizialmente al fascino del simbolismo che al realismo della Commedia umana. «Nessuno meglio di Mariolina Bertini avrebbe potuto scrivere un libro del genere; chi altri è in grado di maneggiare con la stessa disinvoltura e spigliatezza due oggetti di studio così "mostruosi"?» - Alessandro Piperno, La Lettura Già in Jean Santeuil, il romanzo incompiuto cui lavora dal 1896 al 1900, Proust comincia a riflettere su quel grande decifratore della storia che è stato Balzac. Negli anni successivi, ne studia da vicino la scrittura, riproducendola in esilaranti pastiches: lo stile di Balzac, a differenza di quello di Flaubert, gli appare impuro, perché incorpora frammenti di realtà non elaborati artisticamente. Come avviene che questa “impurità” di Balzac, in un primo tempo criticata severamente, diventi poi per Proust una sorta di modello, non teorizzato, ma operante nella creazione della Ricerca? E che ruolo svolge in questo processo la grande figura del trasgressore Vautrin, il fuorilegge omosessuale che domina, con i suoi poteri misteriosi, la Parigi balzachiana? È quel che cerca di ricostruire questo volume, seguendo il filo che collega sotterraneamente l’ergastolano Vautrin all’aristocratico Monsieur de Charlus, arbitro dell’eleganza nella Parigi di Proust.
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