Così rossa è la rosa. Scenari d'amore pre-cortese, a Baghdad. Testo arabo a fronte
Stabilire con certezza chi sia l'inventore di una nuova figura dell'amante, lo schiavo d'amore, che partecipa, col fascio di elementi differenziati che veicola, della costruzione di un discorso d'amore completamente nuovo che si va affermando a Baghdad fra l'VIII e il IX secolo, non è un'operazione feconda se la si riduce a un semplice problema di storia letteraria. Provare a vedere in quale luogo del mondo, e in quale contesto un poeta possa produrre un'etica della deriva d'amore, e una semiotica del corpo innamorato che produce conoscenza, può essere un modo diverso di impostare una riflessione vecchia più di un secolo sulle origini dell'amor cortese, e sulle dibattute influenze della poesia araba andalusa sulla lirica trobadorica medievale; influenze dietro il cui viaggio si stagliano non solo modelli letterari che superano la frontiera tra Andalusia islamica e Occidente latino, ma anche modelli sociali cristallizzati intorno alla concezione dell'amore, che la periferica Andalusia ha ereditato dal centro a cui si ispira, l'Oriente islamico. Abu Nuwas e la sua scuola, nella Baghdad del IX secolo, rinnovano la poesia amorosa araba in una maniera così profonda da creare tutte le premesse per un genere di poesia particolare, che amplia a dismisura la problematizzazione letteraria dell'amore e di chi ne è colpito; Abu Nuwas conferisce alla figura dell'amante disperato, il "folle d'amore" della tradizione poetica precedente, un nome e una cittadinanza nuovi: lo schiavo d'amore anticipa il martire per amore.
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