L'ombra in esilio
C’è un uomo di origini ebraiche al centro di questa storia, un sopravvissuto. È sopravvissuto all’Olocausto e al regime di Ceaușescu, alla fuga che lo ha portato fortunosamente a Berlino, superando il Muro, e alla perdita di tutti i suoi affetti. Si fa chiamare Nomade Misantropo, perché – come quella del leggendario Ebreo Errante – la sua vita sembra destinata a un esilio senza fine. Nel percorso che lo condurrà a trovare una nuova casa negli Stati Uniti, sul suo volto appariranno i volti delle persone incontrate per la via, la sua voce diventerà un mosaico di quelle attraversate, la sua ombra l’insieme di quelle lasciate dalle luci altrui. L’ombra in esilio è il racconto di questo viaggio in cui si uniscono le storie maggiori e minori del Novecento. Un viaggio che viene vissuto dal Nomade sul piano reale e su quello letterario, intervallando l’orrore dei gulag ai romanzi di Robert Musil, il volto di Thomas Mann a quello della statua di George Washington, l’11 settembre alle poesie di Eugenio Montale. Un «romanzo collage», in cui Manea ripercorre i temi che hanno caratterizzato la sua ricerca narrativa fondendo assieme autobiografia e invenzione, storia e letteratura, la condizione di apolide con la «colpa» dei sopravvissuti, fino a giungere sulla soglia degli interrogativi centrali dell’esistenza umana: ma io, io che ho barattato l’intero mio passato per avere un futuro, io che oggi parlo e scrivo con una lingua diversa da quella che avevo, io chi sono?