Maratona. Il giorno in cui Atene sconfisse l'Impero

Maratona. Il giorno in cui Atene sconfisse l'Impero

11 agosto 490 a.C., piana di Maratona, prime luci del mattino. Un esercito di diecimila ateniesi affronta a viso aperto lo sterminato schieramento persiano. La vittoria degli invasori sembra certa, ma la rapidità d'attacco e l'ardore guerriero degli opliti greci ribaltano in poche ore l'esito della battaglia. In quel giorno d'agosto è stato scritto non solo il destino di due eserciti, bensì il futuro dell'intera civiltà. Per chi lo visse, quell'evento divenne la massima espressione dell'aristeia omerica, dell'eccellenza e della gloria ateniese, ma anche il cliché di un patriottismo estremo. A rendere quasi leggendario lo scontro, il ricordo del solitario messaggero Filippide, che corse senza mai fermarsi da Maratona fino a Atene per annunciare, esanime, la vittoria. Eppure, la sua impresa andò ben oltre una maratona di 42,195 chilometri: cambiò il corso del fato, infranse per sempre l'incanto dell'invincibilità dei persiani e assicurò all'Occidente «la luce della libertà». Lo stesso Eschilo, il grande tragediografo, volle che sulla propria tomba fosse ricordato il suo valore durante la grande battaglia anziché le sue doti drammatiche. Richard A. Billows, confutando i luoghi comuni e concentrandosi sulla strategia militare e sulla tecnologia delle armi, abbandona la leggenda e racconta la storia: il giorno in cui Atene sconfisse l'Impero. Quel giorno, diecimila ateniesi salvarono la Grecia e posero le basi della civiltà occidentale.
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