What is life. Incontri e interviste
What Is Life riunisce le interviste più irriverenti e penetranti del chitarrista di Liverpool, raccolte dalle sapienti mani di Ashley Kahn«Compongo e registro e cerco di essere me stesso. La liberazione, ecco ciò che voglio: liberarmi da questo caos. Essere vivi ha l’unico scopo di migliorarsi. È davvero questa la mia unica ambizione, tutto il resto è secondario.»Quando i Beatles fecero la loro dirompente comparsa sul radar popolare si avvertì la ne- cessità di distinguere e identificare ciascuno dei quattro; e George Harrison fu etichettato come il «Beatle tranquillo». Harrison però divenne molte cose al di là del suo soprannome, e da Beatle tranquillo si trasformò in Beatle indagatore, l’esploratore spirituale del gruppo, il più impegnato a incontrare sciamani, il più determinato a trovare un guru, e intrecciò quella ricerca con la sua musica. Quando, all’apice della popolarità, i Beatles si sciolsero, Harrison fu il primo a raggiungere da solo la vetta delle classifiche, lodando il divino in svariati modi e con svariati nomi e ponendo il più grande tra i grandi quesiti: che cos’è la vita? What Is Life riunisce le interviste più irriverenti e penetranti del chitarrista di Liverpool, raccolte dalle sapienti mani di Ashley Kahn. È la cronistoria della metamorfosi musicale e intellettuale di un artista meditativo ed enigmatico, schietto e ironico – da quando, quindicenne, il compagno di scuola Paul McCartney lo presenta a John Lennon e agli altri Quarrymen a quando, nel novembre 1960, la polizia tedesca pone fine alla prima, straordinaria stagione di concerti dei Beatles; da quando, in un letto a Bournemouth, annebbiato dall’influenza e dalla morfina, scrive «Don’t Bother Me», la sua prima canzone, a quando rimane folgorato dal sitar di Ravi Shankar e dalla spiritualità indù; fino a quando, alla vigilia del 2000, un folle lo aggredisce in casa sua, risvegliando i peggiori incubi dei fan dei Fab Four. What Is Life è un viaggio nei sentimenti, nell’umorismo, nelle fragilità e anche nelle vanità dell’artista che mise in suoni la finitudine dell’esistenza umana, ricordandoci che tutte le cose, in fondo, devono passare. E che del Beatle tranquillo ha sempre conservato quella sensibilità che ha portato la sua voce a essere un prodigio di modernità, messaggera del bene collettivo, perfino inno alla gioia usato oggi, a vent’anni dalla morte, negli ospedali americani per salutare i pazienti che rinascono dopo la terapia intensiva: «Here comes the sun…». A cura di Ashley Kahn. Traduzione di Seba Pezzani