Nessun cielo
Pierre Demarty travolge con una narrazione ipnotica che si trasforma in una poetica meditazione sul senso della vita, della giustizia, della famiglia e delle relazioni. «Una riscoperta dell'empatia in un tempo in cui, da più parti, si nega la necessità umana di partecipare alla sofferenza altrui» - Gabriele Di Donfrancesco, Robinson «Aylan, il bambino siriano trovato morto su una spiaggia incolore: partendo da questa epifania, Pierre Demarty, con la sua elegante penna guidata dall’arte della delicatezza e del contrappunto, delinea il ritratto di un quarantenne sempre “al limitare degli avvenimenti”.» - Le Figaro «Il romanzo di Pierre Demarty è misterioso. Le visioni letterarie che è in grado di suscitare permangono nitide nel nostro spirito.» - Libération «Come il mare, in quell’immagine di un bambino con la maglietta rossa che resta immobile sulla spiaggia, nemmeno lui si muove di un millimetro. In fondo a lui ci sono delle cose che scorrono, cose che non si vedono, che dentro di lui devastano tutto.» Parigi, l’estate di un anno come tanti. Un uomo perbene, onesto, padre di famiglia, esce di casa, accompagna i figli a scuola, entra in ufficio, accende lo schermo del computer. L’immagine è lì, lo aspetta. L’immagine di un bambino su una spiaggia. Nessun cielo a sovrastarlo. Il mare fermo, immobile. Il corpo fermo, immobile. Il bambino non si muove. A muoversi sono gli sguardi di chi lo osserva, e tutti, nel mondo, quel giorno di un anno come tanti, lo osservano. Per l’uomo è l’inizio di un’ordalia silenziosa, uno scavo che ha i contorni della rivelazione: perché quell’immagine – così simile a un’altra che aveva già incontrato, qualche tempo prima, nel buio di una sala cinematografica – lo contagia, lo infesta, finché l’uomo non riesce a pensare ad altro, a lavorare, a dormire. È un’apocalisse, quell’immagine, scatenata su una vita comune e – come ogni apocalisse – trasformerà l’uomo, lo farà nuovo, svelandolo a se stesso.
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