Città distrutte. Sei biografie infedeli
In Città distrutte, fascismo, comunismo, guerra fredda offrono lo sfondo tutt'altro che inerte a sconfitte e atti mancati di questi personaggi in cui scorre sangue umano. Inanità e sopraffazione segnano le tappe di formazioni impossibili, di un puntuale «disavvenire»: una giovane desaparecida regala la propria identità a una compagna di cella; un anziano bracciante molisano non trova riscatto come deputato del Pci dopo una vita di fallimenti; una poetessa muore senza aver pubblicato neppure una riga. Il secolo breve si è lasciato alle spalle un paesaggio di macerie. Davide Orecchio vi si aggira come un archeologo, chiedendosi che fine abbiano fatto le vite finite: tenta di rintracciare il fantasma di due spalle e un sorriso, i risvegli, le domeniche al parco, i sopori di un uomo. Non racconta la Storia ma la storia di un desiderio. Tra camposanti e bombe inesplose, ritrova suppliche che scivolano tra i denti come infissi in rovina, labbra stinte come intonaci, ricostruisce con i cocci la forma di ciò che non è stato mai. Perché, se la vita è un reperto e il passato è solo carta, scrivere una città distrutta - una biografia - è costruire un'ipotesi attorno a un'assenza. Ecco allora che lo stile dischiude il suo compito: dare forma al vuoto. Ecco la letteratura come ribellione velleitaria all'oblio, riscatto di una materia di calcinacci, frantumi e vestigia quando tutto è ormai compromesso e disgregato. Ecco sei vite che avrebbero potuto essere ma non sono state, come quelle di ognuno di noi. Postfazione di Goffredo Fofi.
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