Io vedo me stesso. La mia arte, il cinema, la vita
Il fuoco, il fumo. Strade notturne con semafori rossi mossi dal vento, tende rosse agitate da brezze invisibili. Donne angeliche in pericolo, agenti dell'Fbi con una passione maniacale per caffè e torte alla ciliegia. Il fischio delle segherie, le sirene sull'acqua. Queste e mille altre ossessioni affollano la fantasmagoria allucinata di David Lynch, regista fra i più visionari della sua generazione. Il suo cinema è un'esperienza simile a quella che si vive al risveglio, quando il mondo del sogno sfuma lentamente nella consapevolezza. E un sogno vigile, un viaggio attraverso l'ignoto, l'oscuro, il bene e il male che forgiano ognuno di noi. Per questo Lynch è così difficile da spiegare e così restio a spiegarsi, perché la parola non può attingere al nucleo dell'incubo, può solo lambirlo. "Io vedo me stesso" è il risultato di più di un decennio di interviste raccolte da Chris Rodley, a cui David Lynch ha affidato il racconto della propria formazione, la passione per la pittura e l'influenza di artisti come Oskar Kokoschka e Francis Bacon, il lavoro di fotografo e la collaborazione musicale con Angelo Badalamenti, fino alle grandi opere cinematografiche, spesso frutto di difficili compromessi per mantenere il controllo creativo.