Variazioni serali
Ogni poesia obbedisce, nel suo battito interiore,a pochi ritmi essenziali. A quali movimentio tensioni risponde questo terzo, importante libro poetico di Pietro Ingrao? Sono forse quelli, alterni, dell'"inclinarsi" e del "levarsi": inclinarsi sull'opaco insistere degli eventi, sul "grumo tumultuoso dell'accadere", sulla forma irriconoscibile dell'esistere; e levarsi poida questi contrastati domini con una parola nettache, mentre li rappresenta, li trasforma in sensibili immagini di poesia. Su una scena che è insieme mentale (i pensieri della sera che incombe,le "memorie" che "fermano il passo") e fisica (la natura, lo spazio della casa, le città),la scrittura qui aderisce alla contraddittorietàdel reale e convoca dati diversi: esperienze, figure, oggetti. Ma è soprattutto agli altri cheessa si volge. Gli altri, colti nell'indistinta"ressa del regno", sono gli interpreti di un dialogoche, come un destino, ancora continua e in forma di domanda assilla e conforta. E' qui centraleil motivo dello sguardo: sull'io si fissano gliocchi altri e anche "l'evento ci guarda negli occhi". Una "trepida combinazione di vite" e, tra esse, quella degli "ultimi che non si dicono", scrutano al fondo della scrittura il suoautore. Il quale, senza pacificazioni o cautele,pone - pure lui sguardo che attraversa le pagine -il lettore nella ricerca di una condivisione,invitandolo alla mossa etica del silenzio delnome: "Senza giurare,/ quando il chiaro dorme,/spalancate le fonti. /Ponete i nomi". L'immersione nella complessità del reale e nell'asprezza dei suoi contrasti si tramuta così in una poesia che è, nel suo fondarsi, risposta ad una chiamata ulteriore, parola che, mentre ascolta, interroga: attesa e veglia insonne che "ci sfiorala fronte".
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