I padroni del Veneto
Forza economica ma nano politico: è la desolante definizione data del Veneto da Sergio Romano, editorialista del "Corriere della Sera". E drammaticamente vero, spiega Renzo Mazzaro. Lo spiega ricostruendo in queste pagine gli ultimi vent'anni di politica veneta in mano a una classe politica locale suddita di interessi altrui. Prima con Giancarlo Galan, vissuto appeso al consenso di Silvio Berlusconi e franato con lui, poi con Luca Zaia, giovane e rampante, che non riesce però a smarcarsi dai diktat di Bossi e della Lega lombarda. La stessa classe imprenditoriale, tanto decantata per i suoi nomi famosi in tutto il mondo (Benetton e Marzotto, tanto per citarne due), non è stata capace di darsi una rappresentanza nazionale adeguata, non è andata oltre il successo sui magazine e in alcuni casi, come quello delle fusioni bancarie, il risparmio dei cittadini veneti e la gestione della finanza sono stati portati altrove. Tranne quando sono state costruite grandi fortune da zero, grazie a politiche corrotte e al fiume di denaro pubblico pompato dalle grandi opere nei quindici anni di Galan. Al desolante quadro della maggioranza si aggiunge quello dei partiti di opposizione, con Rosy Bindi e Massimo Cacciari che non sono riusciti a costruire una alternativa credibile e a governare con successo. Quasi che fossero contenti di continuare a perdere e "gestire il lato B del potere nel Veneto". Il risultato è un territorio distrutto da uno sviluppo caotico, crisi sociale, crollo economico.
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