L'hotel a zero stelle. Inferni e paradisi di uno scrittore senza fissa dimora
"Ho immaginato il mio albergo ideale. Un hotel a zero stelle i cui ospiti tipo dovrebbero essere i vagabondi dell'anima, coloro che ancora gironzolano alla ricerca di sé, senza troppa arte né parte. In questo albergo non poco scalcinato si può stare fin quando si desidera, perlomeno fintanto che non si è diventati ciò che si è. L'ospite può starsene chiuso in camera, leggendo o riflettendo sul proprio passato o su cosa intende fare del proprio futuro. Se ne ha voglia, può scendere dabbasso e scambiare quattro chiacchiere con il portiere tuttofare dell'albergo, che ha sempre qualcosa da dire, qualche lezione di vita da impartire. Inoltre, diversamente dai normali alberghi, l'ospite può esplorare l'edificio dal piano terra sino al tetto, dal quale è possibile ammirare un magnifico cielo stellato nelle serene notti di luna nuova. Si può persino bussare alla stanze degli altri ospiti, i quali, essendo vagabondi dell'anima anch'essi, saranno più che felici di accogliervi e scandagliare in vostra compagnia il senso dell'esistere e tutte le questioni a questo senso legate, che sono poi la chiave per orientarsi nel mondo all'esterno, spesso assai meno inospitale del vostro albergo. Solitamente, un buon albergo a zero stelle si compone di quattro piani perché così vuole il mito della conquista di sé, articolato, come noto, in quattro fasi. Alla maniera del viaggio dantesco per i regni ultramondani, il viandante in cerca di sé passa dallo smarrimento in qualche selva oscura a tre fasi successive."