I nodi al pettine. La crisi finanziaria e le regole non scritte
Le prove sono schiaccianti: la regolamentazione finanziaria degli Usa fa acqua da tutte le parti ed è direttamente responsabile della crisi più grave degli ultimi cento anni. Tutto ha inizio verso la fine degli anni Ottanta quando, specialmente in America, condizioni eccezionali creano un terreno fertile per la crescita apparentemente senza freni dell'indebitamento complessivo, e con esso dei ricavi e dei profitti delle grandi banche. Le famiglie americane iniziano a consumare sempre di più, a risparmiare sempre di meno, e si indebitano fino al collo raggiungendo un picco da brivido: il 150 per cento del reddito disponibile. L'America (ma il Regno Unito le fa buona compagnia) vive insomma per anni al di sopra dei propri mezzi. Finché il castello di carte della finanza esplode: in un autentico processo di iperfetazione, alla fine del 2007 il valore dei titoli emessi complessivamente è superiore a 16 volte il PIL mondiale. Globalizzazione, deregolamentazione, speculazione: ecco i fattori additati come responsabili del disastro. Ma il punto è un altro: si è permesso alla finanza di crescere libera in una sorta di selvaggio far west dell'economia, al di fuori delle regole tradizionali che da sempre governano le banche. Per domare la finanza, per consentirle di dare il meglio di sé, le regole sono invece essenziali; il che non vuoi dire, semplicisticamente, più Stato e meno mercato, formula che è al tempo stesso una banalità e un errore...
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