Guerre, armi e democrazia
Afghanistan, Azerbaijan, Bhutan, Burkina Faso, Repubblica Democratica del Congo, Gambia, Haiti, Kazakhstan, Mauritania, Senegal, Sierra Leone, Tajikistan, Uzbekistan, Yemen, Zambia, Zimbabwe: è una parte della lunga lista di nazioni che Paul Collier ha stilato in questo suo nuovo libro. Sono nazioni in cui governi apparentemente democratici non garantiscono né i diritti basilari né le libertà delle persone. Questo libro parla di come si raggiunge il potere in queste nazioni e del perché «nei paesi piccoli e poveri che occupano gli ultimi posti della graduatoria dell'economia mondiale la principale via di accesso al potere rimane la violenza»: perché accade? Perché la violenza politica è endemica e cosa si può fare per eliminarla? Perché questi paesi sono tanto pericolosi? Fra i motivi, sostiene Collier, c'è che la violenza ha assunto forme diverse, spesso riassumibili in tre parole: armi, guerre e colpi di stato. Ad esempio, da un lato c'è un traffico illecito di Kalashnikov che alimenta l'offerta e dall'altro c'è la corsa agli armamenti di stati lillipuziani che alimenta la domanda. Un circolo necessario perché possedere armi permette ai gruppi etnici in lotta fra loro di arrivare al potere. Dalle statistiche emerge che in queste nazioni dal 1945 a oggi sono stati messi a segno in tutto circa 357 colpi di stato. E per ogni colpo di stato che riesce ce ne sono tanti che falliscono.
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