Censure di un musicista. La vicenda artistica e umana di Mario Castelnuovo Tedesco
"L'esilio soffocò le sue armonie": cosi recitava il titolo di un articolo di Leonardo Pinzauti apparso su "La Nazione" il 5 aprile 1995 che ricordava Mario Castelnuovo-Tedesco durante le celebrazioni fiorentine a cent'anni dalla sua nascita. In effetti, ogniqualvolta si abbia la rara possibilità di ascoltare le composizioni scritte da Castelnuovo -Tedesco dopo il 1939, non si può non pensare alla sorte differente che avrebbero avuto la sua vita e la sua fortuna artistica se in quell'anno non fosse stato costretto dalle persecuzioni razziali a lasciare l'Italia e a trovar rifugio negli Stati Uniti. Basterebbe anche solo leggere le cronache fiorentine degli anni venti per capire come in quel tempo Castelnuovo-Tedesco si ergesse nella locale vita artistica come un'autentica rivelazione, ma, per quanto nella 'seconda patria' abbia ricevuto i riconoscimenti che la sua abilità compositiva meritava, di sicuro il peso anche inconsapevole di uno sradicamento forzato e drammatico lo afflisse enormemente. Lo si può leggere tra le righe dei suoi scritti e, in modo ancora più chiaro, dei suoi pentagrammi 'americani'.
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