Il piano inclinato

Il piano inclinato

Esistono davvero dei paesi dove si possa mangiare senza il pericolo d'essere mangiati? Questa domanda, posta ancora prima che il romanzo abbia inizio, viene da Pinocchio, e contiene un sentimento che attraversa l'intera esistenza del protagonista di questa avventura crudele. Ousma parte giovanissimo dal suo villaggio in Mali: come tanti anche lui, da solo, si mette alla ricerca di una vita migliore, o anche di una vita qualsiasi. Non è un pezzente, quando era bambino la famiglia era moderatamente agiata, poi con la morte del padre sono iniziate le sofferenze. C'entra la fame, certo, ma è la fame dello stomaco e insieme quella della speranza. Attraversa prima le insidie del deserto e poi quelle del mare, affronta la morte secca e la morte per acqua, con in mezzo l'orrore del carcere libico. Un naufragio lo spinge verso la sua nuova vita, in Sicilia, in Italia, nella vecchia Europa, che per lui rappresenta il Nuovo Mondo. Ousma non sa niente. Incontra uomini e donne, attraversa posti di polizia, uffici, ambulatori, osserva e ascolta tutto, sente il bisogno di guardare ma soprattutto di essere visto. In questa dimensione straniante ci sono facce amiche che lo aiutano, ma non mancano i volti ostili e nemmeno i sorrisi di chi ha fatto del proprio altruismo un mestiere. È il sistema dell'accoglienza, la sfida della mediazione, con le sue luci e le sue zone grigie. Il mondo del prima e il mondo del dopo si contraddicono a vicenda. Ousma continua a guardarsi attorno e non è in grado di decifrare i segnali che gli arrivano, commette molti errori e molte volte riesce a rimediare. Ma c'è un errore che forse risulterà irreversibile, anche se passa attraverso un abbraccio e una certa ragazza. In questo romanzo Roberto Alajmo conferma il suo talento nel trattare la tragedia come commedia e la commedia come tragedia. Il suo Ousma - come tutti noi - non è cattivo e non è buono, costretto com'è a destreggiarsi tra l'euforia dei sogni e lo sconforto della realtà. Un protagonista che si sottrae agli stereotipi opposti che riguardano i migranti, dipinti sempre come vittime o come delinquenti. C'è però una forza che spinge Ousma e quelli come lui sempre oltre, sul piano inclinato del caso e della fatalità.
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