Viva il lupo
Un mercoledì di fine luglio Gabriele Purotti si sveglia senza voce. Ha poco più di cinquant'anni ed è il leader dei Dorita, uno dei gruppi rock più in vista della scena indie italiana. Tutti lo conoscono come Puro, è diventato davvero famoso grazie alla televisione, ogni settimana gli passano davanti le giovani speranze della musica italiana e lui è il loro giudice, nel talent show musicale di maggior successo, «Viva il lupo». Adesso il suo futuro di cantante è a rischio, i medici non sanno darsi spiegazioni, lui sì. La voce si è spenta appena saputo della morte di Tete, una ragazzina sedicenne. È stata travolta da un treno mentre attraversava in monopattino un passaggio a livello, con le cuffie alle orecchie e la musica alta. Due giorni prima, alle audizioni del programma, aveva dimostrato un grande talento. Però era stata rifiutata con il voto decisivo del Puro. Forse - sospetta la Procura - potrebbe essere stato un gesto volontario. Gabriele sprofonda nell'abisso del rimorso e comincia una doppia ricerca, dentro e fuori di sé. Vuol sapere tutto di Tete, ricostruire i suoi sogni e quel mondo che sente d'aver spezzato. Poi ha l'urgenza di rintracciare le altre ragazze e i ragazzi da lui bocciati negli anni, di verificare se si è lasciato dietro una scia di dolore e disperazione. Mentre la gara televisiva prosegue inarrestabile senza di lui, macinando rivalità e rancori, vincitori e sconfitti, Puro riesce a entrare in contatto con la famiglia della ragazzina, scoprendo una nonna straordinaria e un fratello stralunato e geniale. Un doppio incontro che cambierà il senso della sua ricerca e il corso della vita di ognuno di loro.