Mia anima carnale. Lettere a Ebe
Un «mandrillo con gli occhiali», si definisce Manganelli in queste strepitose lettere inedite degli anni 1960-1973, avviluppato com'è in «brodi bollenti» e in «spinaci butirrosi»; un Manganelli faceto sì, ma anche focosamente innamorato. E poco importerebbe tutto questo, se l'amore non gli dettasse lettere che in buona parte sono racconti perfettamente prismatici, di grande vitalità inventiva, capaci di farsi visionari e svoltare in una sensualità golosamente rovente: «Cara la mia cotogna, tu mi sembri un morbido, sugoso frutto autunnale, di quelli che abbisognano di gran tempo per maturare tutti i loro succhi intrinseci, che vivono la loro estate assieme all'autunno, quei frutti deliziosi, voluttuosi, mielati, goccianti zuccheri interiori che hanno una lunga, afra e lazza (acerbetta) adolescenza, quando erano piccoli e duri, e legavano i denti. Ora sei nespola, ananasso, pompelmo e cotogna. E io ti voglio mangiare, ammannita sul desco delle tue lenzuola». È anche un «rètore galante e insinuoso», Manganelli. Per la donna amata, Ebe, che è lontana, organizza un concerto tutto mentale. Dispone nello spazio fantastico gli strumenti musicali. Dirige gli esecutori. «Io suono per te», dice, nel suo «forum interiore». E se la destinataria tiene nella borsa due sensualissime «orchidee... casuali e brucianti», lui estrae dalla valigia «una carezza lunga, lenta, senza distrazione». Si inchina, Manganelli, alla fine, volgendo le spalle agli orchestrali. Ci sono lettere che arrivano dall'Africa, dalla Malesia, dalle Filippine. La donna amata è sempre un «sole portatile per tutte le sere della vita». E intanto Manganelli recensisce paesaggi, serate tropicali, una azzardata escursione tra poco invitanti coccodrilli, in «un ambiente di vegetazione trionfale», senza mai venir meno alla sapiente energia e all'impudica felicità del suo linguaggio: «Di Malacca non ti dirò nulla», scrive; e specifica: «è una delle cose più straordinarie, più struggenti, più fascinose che abbia mai visto; credo che in Oriente non ci sia nulla di simile. Per parlarne bisognerebbe recitare, fare grandi gesti, poi muovere gli occhi in modo sognante e allusivo, camminare a passetti, inginocchiarsi due o tre volte, cantarellare, fare il gesto di cullare un bambino mormorando uno scongiuro, suonare un tamburello, un'arpa, organizzare un funerale, schiocchiare la lingua come al termine di un pasto copioso, e infine singhiozzare». Manganelli è stato uno dei massimi scrittori del Novecento. Ha scritto libri di grande successo come Centuria e Pinocchio: un libro parallelo; o, nell'ambito saggistico, i celebri saggi raccolti nel volume La letteratura come menzogna. Ora si lascia scoprire come sorprendente scrittore di lettere rese preziose dalle sue ineguagliabili vocabolerie.
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