Malacarne
Malacarne è stato pubblicato per la prima volta venticinque anni fa, e rimane, ancora oggi, un romanzo fulminante. Con la fredda lucidità di un esame radiografico attraversa storie riconoscibili, personaggi familiari, per rivelare il corpo tumefatto, malato delle nostre società. Sembrano mutati i sintomi ma la patologia è la stessa. Stupisce la scrittura fluviale, lingua magmatica che prende in ostaggio, trascinando il lettore in un'avventura senza tregua, senza fiato, dove si fondono e si confondono poesia e trivialità, fantascienza e mattinali della questura, fumetto e verismo, ironia e disperazione, delirio e verità della condizione umana nel Meridione: «il nostro mondo preistorico nel cuore della modernità» dove la vita segue «il destino naturale di morte violenta». È la visionaria confessione – a tratti profetica – di un sicario che vittima dopo vittima, massacro dopo massacro, ricostruisce l'epopea raccapricciante e prodigiosa della città senza nome, forse Palermo: dalla centenaria marginalità dei quartieri popolari alla centralità miliardaria del traffico internazionale di stupefacenti. Protagonisti, la voce di un killer che conosce il prima e il dopo, il suo giudice muto e la violenza: unica forma di comunicazione, esclusiva rappresentazione del mondo. Nella spirale della ricchezza ottenuta con le pallottole i criminali hanno movenze settecentesche e le esecuzioni vengono decise con i numeri della tombola di Natale. Tra vicoli e mercati, tra piazze e lungomare, tra sgabuzzini della latitanza e camere della morte, carnefici e vittime s'inseguono in un girotondo macabro e surreale: un grottesco girone infernale dove Dio non riesce a trovare le anime di chi è stato sciolto nell'acido. Nella postfazione originale che arricchisce questa edizione, Giosuè Calaciura torna indietro con la memoria all'esperienza che è stata l'origine di questo libro e – forse – della sua scrittura.
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