Non mi attirano i piaceri innocenti. Costumi scandalosi nella Parigi del Settecento
"Non mi attirano i piaceri innocenti" affronta la spasmodica ricerca del piacere che della società settecentesca fu forse il tratto più distintivo. Il quadro che ne viene fuori stride con la definizione e l'immagine luminosa così diffusa del Secolo dei Lumi. Ogni piacere era portato all'eccesso, senza limiti, in tutti i campi, ma soprattutto nel sesso. La filosofia aveva stabilito che goderne le gioie era soddisfare un basilare istinto naturale, che non doveva essere represso. E piano piano tutte le convenzioni morali crollarono, una dopo l'altra. Non giocare d'azzardo nei salotti migliori diventò una sgarberia, non frequentare i bordelli o avere una mantenuta una ridicolaggine di cui vergognarsi, se non una vera perversione. La moglie ufficiale regnava nella dimora familiare; nella petite maison, invece, si viveva, con l'amante del momento e con gli amici, nella più completa libertà. Questo stile di vita era regola diffusa per gli uomini. Alle donne si riconobbe finalmente il diritto di godere del piacere dei sensi purché con discrezione. «Noi non abbiamo che un mezzo per riconquistare i nostri diritti - diceva una signora -: fare in segreto quello che voi siete così orgogliosi di fare in pubblico». Quindi nessuna parità di genere, nessuna vera emancipazione se non nei rapporti omosessuali, dove le barriere di classe scomparivano. Le ragazze restavano le vittime dei predatori, senza possibile difesa, soprattutto di fronte a prepotenti nobili e ricchi. Solo le grandi cortigiane di successo potevano usare il sesso come una sorta di rivalsa. In un secolo che ignorava la minima riservatezza, la polizia aveva occhi e orecchie ovunque. Controllava tutti, soprattutto nobili, stranieri e clero, grazie a un esercito di spie ma, preferibilmente, interveniva solo per evitare scandali e prevenire disordini. Ed è quindi anche grazie ai rapporti degli ispettori se conosciamo tanto sulla vita privata nel Settecento francese, e non solo dei privilegiati ma anche degli umili che «volenti o nolenti, a volte come primi attori, a volte come comparse, troppo spesso come vittime, parteciparono a quella continua ricerca del piacere che fu la vita a Parigi nel XVIII secolo».
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