Il Raccontafiabe
Capuana, maestro del Verismo, pubblicò le fiabe del "Raccontafiabe" dieci anni dopo (nel 1893) la prima esperienza con la letteratura fantastica, il celebre "C'era una volta". E può stupire che con le severe posizioni della sua scuola letteraria sul rapporto tra realtà vera e scrittura, si abbandonasse voluttuosamente a principini, orchi e incantesimi come faceva nelle fiabe. Ma egli stesso aveva la spiegazione: "Se un importuno mi fosse allora venuto a parlare di cose serie e gravi, gli avrei risposto senza dubbio, che avevo ben altre e più serie faccende per il capo; avevo Serpentina in pericolo, o la Reginotta che mi moriva di languore per Ranocchino, o il Re che faceva la terza prova di star sette anni alla pioggia e al sole per guadagnarsi la mano di un'adorata fanciulla". Tra gli 'importuni' sarebbe probabilmente da annoverare il suo amico e sodale letterario Verga, che molto lodò le sue invenzioni fiabesche scambiandole per trascrizioni veridiche della "favola genuina delle nostre donne". Cui Capuana replicò: "Non posso resistere alla vanità di dirti che non c'è una sola riga che la favola genuina delle nostre donne possa reclamare". Come a dirgli che la rigorosa disciplina del realismo aggiungeva solo alle sue Fiabe quella precisione, quella semplicità, quella consequenzialità, quell'invincibile rapimento, da perfetto universo parallelo alle "cose serie e gravi", che ne fanno gli irraggiunti capolavori del loro genere, tramandati attraverso le generazioni.