Maestrine. Dieci racconti e un ritratto
La narrativa nutre verso le maestre una specie di attenzione sadica. Quasi tutti gli scrittori che le hanno assunte a protagoniste, le ritraggono come portatrici di umili e acute sofferenze, di un silenzioso patire che, come direbbe Sciascia, non ha più nemmeno la forza di gridare. Talvolta, perfidamente - come nel bel racconto di Pirandello -, pure lo sfogo disperato del piangere si trasforma in una maschera goffa, in una specie di smorfia da cui traspare, quasi più che la simpatia, lo sberleffo al luogo comune del grande scrittore. E infatti a leggere tanti racconti sulle maestre, a scorrerne il repertorio significativo raccolto in questo volume (che va dall'immancabile Pirandello all'impensabile Scerbanenco), lo sfondo di denuncia da cui nacque questa letteratura si stempera, il preteso realismo si stravolge. E si ricompone invece il mosaico di una sorta di antropologia fantastica, un grottesco carosello in cui esemplari di una microborghesia femminile d'altri tempi sfilano, esibendo i modi più spericolati in cui il destino si prese gioco di loro e si accanì a tormentarli.
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