Straniera
Nel commentare la pubblicazione di "Straniera" negli Stati Uniti, il grande scrittore della follia americana Kurt Vonnegut si felicitava per il miscuglio di cultura mentalità costumi e lingua scoperto e fermato sulla carta dall'opera di Dovlatov: ne aspettava anche gli importanti sviluppi, bloccati poi dalla scomparsa prematura dello scrittore russo. Ma di questo miscuglio - che è poi il frutto dell'innervarsi improvviso, a partire dagli anni Settanta, di fuoriusciti ebrei-sovietici (non necessariamente dissidenti, non necessariamente disperati, non necessariamente in cerca di fortuna e di occasioni), nel ventre della città di New York, a formare un paesaggio umano parzialmente autonomo e impenetrabile lungo la Centottava Strada - un miscuglio che, almeno dalle pagine di Dovlatov, sembra nato per la letteratura, il lungo racconto "Straniera" è un bozzetto compiuto. Intorno alla casuale e libertaria vicenda di Marusja Tartarova (figlia di due papaveri della nomenklatura, emigrata per capriccio, abituata al privilegio, da tutti corteggiata, compagna di un innamorato e tempestoso ispanico) si inseguono i "giorni perduti" allegramente dei russi ebrei americani di più recente acquisto: schegge di una storia diversa in caduta libera nel pianeta del mercato e dell'efficienza. La storia - come Dovlatov cita l'inglese Walpole - è commedia per chi è intelligente, tragedia per chi ha dei sentimenti. "Straniera" è uno sguardo dalla parte dell'intelligenza su una delle strane vicende della storia.
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