Il padre perduto
È da quando Westen aveva otto anni che nessuno lo chiama più Chan. Figlio di madre americana e padre cinese, dopo la tragica morte della prima e la partenza improvvisa del secondo è stato cresciuto dagli zii materni, e da allora il suo cognome è sempre stato Gray. A vent'anni di distanza, si rigira tra le mani la lettera su cui compare quel nome quasi dimenticato, indeciso se aprirla o meno, se dare una possibilità a quel padre che l'ha abbandonato tanto tempo prima e ora è tornato a cercarlo. L'uomo gli scrive intatti per chiedergli perdono e tenere fede a un impegno mai mantenuto: portarlo in Cina, la patria perduta da cui era fuggito con l'avvento del Comunismo. Di fronte a quella supplica, Westen ricorda che, quand'era bambino, una signora cinese (l'unica nella contea), leggendo da un grande libro rosso pieno di ideogrammi, gli aveva predetto che un giorno sarebbe andato in Oriente e gli aveva regalato una scatola di velluto blu, da aprire solo una volta arrivato là. Westen l'ha sempre conservata come una promessa di speranza, e adesso, forte di quel ricordo, acconsente a partire insieme al padre.
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