Infiltrato. La mia vita in Al Qaeda

Infiltrato. La mia vita in Al Qaeda

Era stanco di scappare Omar Nasiri, stanco di sentirsi braccato, costantemente in pericolo. Così, un giorno, sulla soglia dei quarant'anni, ha deciso di lasciare. Non sarebbe più stato un infiltrato tra le fila di Al Qaeda, tanto convincente da essere incaricato di allestire una cellula dormiente in Europa. Non sarebbe più stato il collaboratore dei servizi segreti francesi, inglesi e tedeschi, a Istanbul, a Parigi, a Londra. Non sarebbe più stato né un jihadista né un fuggitivo. Ora, dopo sette anni di vita sotto copertura, con un nome falso per proteggere se stesso e la sua famiglia dalla vendetta dei fratelli musulmani traditi, socchiude la soglia di un mondo altrimenti inconoscibile, offrendo il primo racconto di un testimone oculare nel cuore della Jihad. Marocchino di nascita ma belga di adozione, dopo aver militato come fornitore di armi nel Gruppo Islamico Armato, le milizie che combattono contro il governo algerino, e aver sottratto fondi al movimento, Omar Nasiri ha denunciato i compagni ai servizi segreti francesi. Ed è diventato una spia. Illuminante il suo apprendistato nei campi di addestramento di Al Qaeda in Afghanistan, dove ha imparato le tecniche di combattimento, della tortura, dell'imboscata, e appreso l'arte di confezionare esplosivi usando prodotti di uso comune come caffè, limone, sale, batterie, fertilizzanti, sabbia, perfino urina. È lì che è entrato in contatto con i vertici del gruppo, è lì che ha maturato le conoscenze che si sarebbero rivelate determinanti per la sua pericolosa carriera da infiltrato. Sembra la trama di un romanzo di Forsyth, solo che queste pagine - avvincenti come una spy story - non sono affatto un romanzo. Sono il primo racconto di una vita in Al Qaeda, invece, e rendono evidenti tutte le nostre illusioni.
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