Il bambino con i petali in tasca
Bombay, 1993. Chamdi ha dieci anni e vive alle porte della città, lontano dagli scontri tra induisti e musulmani che infiammano le strade, dalle moschee bruciate e dai negozi svaligiati. La sua non è una vera casa, è un orfanotrofio, perché i genitori lo hanno abbandonato quando era appena nato. Il suo mondo è fatto del colore acceso delle bouganville, delle canzoni, dei giochi e delle preghiere silenziose, perché arrivi qualcuno e lo porti via. Ma Chamdi ha un grande sogno, che Bombay si trasformi in un'altra città, la città senza tristezza: un luogo in cui i bambini possono giocare per le strade, perché le macchine e le bici non esistono, e in cui non ci sono figli senza genitori, perché chi abbandonerebbe mai il proprio bambino? Chamdi sa che quella degli orfani è una vita a metà, i loro occhi non splendono, hanno solo una luce presa in prestito; per questo sembrano tristi anche quando ridono. Così decide di andarsene, di partire alla ricerca del padre. Perdendosi per i vicoli sporchi e affollati, Chamdi fa amicizia con due bambini - il piccolo Sumdi e la sorella Guddi, che per strada ci vivono fin dalla nascita. Decide di unirsi a loro, ma ben presto scopre che la vita dei ragazzi di strada non ha nulla a che fare con i giochi. Si deve elemosinare, rubare, picchiare se si vuole sopravvivere. Chamdi non crede di potercela fare, non vuole abbandonare i suoi sogni di pace, ma quando Guddi sarà in pericolo di vita, ferita gravemente da una bomba, scoprirà quanto sia fragile l'innocenza e forte l'amicizia.
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