Ammazzare il tempo in Iraq
Come molti giovani uomini della sua generazione, Colby Buzzell non aveva un lavoro, e viveva ancora con i genitori. Passava il tempo ciondolando dallo Skateboard Park al pub, bevendo più di quanto sembrava possibile. Ma ormai era stanco di quella musica. Stanco di non avere una prospettiva. E così aveva deciso per l'esercito, come suo padre prima di lui. Pochi mesi ed era in Iraq. Ciondolava da un veicolo Stryker imbracciando un fucile M240, adesso. Precipitato in un mondo assurdo e spaventoso. E improvvisamente aveva molto da dire. Nata dal blog che Colby ha iniziato a scrivere a Mosul per cercare un senso in quell'esperienza, questa è la storia di un giovane uomo e di una guerra, un racconto assolutamente differente rispetto alle news dei Tg e ai brief ufficiali di Washington. E una straordinaria narrativa, che colleziona scene indimenticabili: la death letter da spedire ai genitori prima di partire; un ragazzino magrissimo che cammina sorridendo con una bomba in mano; soldati in battaglia con gli auricolari che pompano rock; il primo scontro a fuoco con i men in black di Al Qaeda; l'esitazione di un giovane troppo terrorizzato per combattere; una donna che proprio non riesce a smettere di urlare... e poi la noia, la straniazione, la censura dei papaveri dell'US Army. Ma il suo blog ormai è esploso, e lui è diventato il reporter "embedded" che l'esercito, malgrado gli sforzi, non può controllare.
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