Erotismo e violenza nell'antica Roma
Messalina, giovane sposa dell'anziano imperatore Claudio, usciva nottetempo per andare a prostituirsi e, come scrive Giovenale, "quando infine si allontanava sfiancata dai maschi ma ancora non sazia, portava nel talamo imperiale il lezzo del bordello." E secondo Petronio, la matrona di Efeso, vedova inconsolabile decisa a lasciarsi morire nella tomba con il marito, si lasciò invece consolare dal soldato di guardia al sepolcro. Le donne spesso non fanno una gran figura nelle pagine degli autori romani, che danno prova di una lampante misoginia. In realtà sono molte le ombre che attraversano l'antica Roma, i lati oscuri di una potenza che si voleva sconfinata. La violenza, la tragedia, l'insistenza sugli aspetti sordidi della vita attraversano come un fiume sotterraneo la sensibilità romana. Svetonio, per esempio, quasi si compiace di descrivere la morte dei Cesari, Galba scannato e decapitato, Vitellio scarnificato e trascinato con un uncino fino al Tevere. Persino al grande Cesare, che senza cedimento di penna scriveva "fu massacrata tanta moltitudine di nemici quanta fu la luce del giorno", gli storici antichi attribuirono una sorta di stanchezza del potere che lo avrebbe portato alla congiura delle idi di marzo. Da un illustre latinista, un ritratto senza inibizioni degli aspetti più oscuri e torbidi dei nostri antenati.Sul frontespizio: Collaborazione di Maria Pellegrini.
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