La voce del Vietnam
Philip Caputo è un ragazzo entusiasta imbevuto dei miti dello zio Sam quando decide di arruolarsi nei marines per vivere l'avventura del Vietnam e sfuggire alla monotonia dell'America dei sobborghi. Con il suo miscuglio di machismo, formalismo e violenza, il periodo di addestramento sembra regalare a lui e ai suoi giovani compagni l'identità e il cameratismo di cui sono in cerca. Ma quando parte per Danang con un battaglione della 9a brigata, il sottotenente Caputo è costretto a fare i conti con un'altra realtà: visto dal di dentro, il Vietnam assomiglia ben poco al sogno kennediano. Al culo del mondo, al più infimo girone dell'inferno, piuttosto. La voglia di combattere e la certezza della vittoria e della brevità del conflitto lasciano il posto all'alternarsi snervante di noia e terrore. A una carneficina che giustifica ogni tipo di brutalità. A una violenza che valica ogni freno morale. I miti e le speranze della sua giovinezza affondano nelle paludi insanguinate e nel disgusto per l'ipocrisia dei papaveri dell'esercito. Partito per seguire il richiamo di 'una causa destinata a trionfare', si ritrova a tenere la contabilità dei cadaveri. E ormai la voce del Vietnam non è che l'eco di rumori e grida che rimbombano nel silenzio dei pensieri. Nessun libro ha descritto in modo così terribile e onesto l'esperienza devastante del Vietnam sulla generazione che vi ha combattuto. Se c'è un manifesto per la 'sporca guerra', è indubbiamente questo.