Rivoluzione. Il rivoluzionario vero è il rivoluzionario morto

Rivoluzione. Il rivoluzionario vero è il rivoluzionario morto

Se i signori della guerra sono generalmente disprezzati, i rivoluzionari sono circondati da un alone di romanticismo. Ideali e polvere da sparo, un mix irresistibile. Ma, nella realtà, le rivoluzioni sono affari sporchi: si nutrono di sangue e di lacrime, e quasi sempre anche del sangue e delle lacrime di chi le ha guidate. Perché è difficile diventare un grande rivoluzionario senza prima diventare un rivoluzionario morto. Dall'Ottobre rosso all'epopea di Zapata e di Che Guevara, dalla rivoluzione francese a quella khomeinista, tutte le insurrezioni, tra le loro innumerevoli differenze, mostrano un denominatore comune: l'incapacità del potere di riconoscere i segni dei tempi. Ovunque, i sovrani spodestati rappresentavano una maschera ormai consunta e la loro debolezza catalizzava intrighi e corruzione. Ciò che seguì fu eroico, drammatico, terribile. I grandi rivoluzionari hanno deviato il fiume della storia, trasformato nazioni, influenzato il mondo. Alcuni hanno incarnato un sogno di libertà, e il loro sacrificio ha ispirato milioni di persone a vivere una vita diversa; altri non hanno portato che terrore e tenebre. Monarchi e dittatori hanno impiegato anni per accumulare la miscela esplosiva, ma è bastato un solo giorno per accendere la miccia della rivoluzione. Il popolo chiedeva bandiere, vittorie, sangue. E ha avuto tutto.
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