Giganti petroliferi e grandi consumatori. Gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e la rivoluzione petrolifera (1968-1974)
Alla fine degli anni sessanta del secolo scorso, il mercato energetico era ancora controllato dai consumatori. Nell'arco di un quinquennio, la situazione si era capovolta. Il mercato era dominato dai produttori, che stabilivano unilateralmente il prezzo del petrolio, mentre le compagnie avevano firmato contratti di partecipazione, ai sensi dei quali la proprietà sarebbe gradualmente passata di mano. A monte di questa rivoluzione vi erano svariate ragioni: l'aumento della domanda e il calo dell'offerta; le turbolenze mediorientali e la chiusura del Canale di Suez, con conseguente valorizzazione del greggio africano; la consapevolezza dei produttori di disporre della materia prima su cui si basava la società industriale. Ma soprattutto, a determinare il cambiamento furono le scelte di Washington. La Twin Pillars Policy prevedeva che gli interessi americani nell'area del Golfo Persico fossero tutelati dalle realtà regionali, in particolare Iran e Arabia Saudita. Le due monarchie dovevano allestire potenti eserciti e sviluppare un moderno apparato industriale. Il modo più rapido per ottenere tutto ciò era aumentare il prezzo del greggio. Pertanto, l'Amministrazione Nixon nulla fece per disincentivare gli appetiti degli sceicchi. Anzi, questi furono incoraggiati a confrontarsi con le compagnie. Con la crisi del 1973-1974, la situazione sfuggì di mano. Un aumento del trecento per cento nel giro di pochi mesi, associato all'embargo verso gli Stati Uniti, non era stato previsto...
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