Bergson e la filosofia bergsoniana

Bergson e la filosofia bergsoniana

"Tanti fraintendimenti che vediamo diffondersi sempre più, o piuttosto un fraintendimento globale visibile che si sta diffondendo sul bergsonismo, sull'antico e sul moderno, sul classico e sul romantico cadrebbe, se ci si decidesse una buona volta a squalificare la rigidità del saldo e del duro. Sono le morali dure, dove possono esserci delle nicchie piene di polvere, di microbi, di muffa, degli incavi di putredine, degli angoli nelle rigidità, del deposito, lues, e quello che i Latini chiamavano situs, una muffa, una sporcizia che viene dall'immobilità, dall'essere lasciati là. Sporcizia per essere stati lasciati là. E invece le morali sinuose esigono un cuore perpetuamente tenuto in luce. Un cuore perpetuamente puro. Siamo lavati da una simile amarezza. E allo stesso modo i metodi sinuosi, le logiche sinuose richiedono uno spirito perpetuamente tenuto in luce, uno spirito perpetuamente puro. Sono le morali sinuose e non quelle rigide che mettono in atto le costrizioni più implacabilmente dure. Le uniche che non si assentano mai. Le uniche che non perdonano. Sono le morali sinuose, i metodi sinuosi, le logiche sinuose che mettono in atto le costrizioni somme. Ecco perché l'uomo più onesto non è colui che accetta regole apparenti. E colui che resta al suo posto, lavora, soffre e tace" (Ch. Péguy).
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