La morte di Mosè e altri esempi
Alla sua pubblicazione nel 1971 questo libro apparve subito un'eccezione nella cultura italiana: ispirandosi ai maestri del Talmud e a Bonhoeffer, faceva balenare una nuova idea di giudaismo e cristianesimo. Un'idea profondamente laica e religiosa - «la convinzione che noi siamo importanti per Dio perché egli parla a noi, non perché parliamo a Lui» - che offriva, in brevi capitoli, interpretazioni inusuali della secolarizzazione, del Sacro e della Legge, del profano e del profetismo... Come se la Bibbia, debitamente sollecitata, potesse offrire letture inaspettate del presente. Nei libri successivi l'autore - che si definiva un «marrano per la compresenza, instabile ma irrinunciabile, di categorie mentali ebraiche e di alcune convinzioni cristiane» - ha spostato sempre più il suo interesse verso la tradizione del giudaismo rabbinico, mantenendo tuttavia lo stile dell'argomentazione: «con o contro, ma non senza Dio». Fino a fare della disputa (riv) con Lui il metro per misurare le crepe della giustizia nel creato.
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