Il grande calcio a Milano. 1961-1975. 1.
"Mi sono rivisto giocatore negli anni sessanta all'inizio del libro e allenatore proprio all'ultima pagina, nel mezzo una serie infinita di ricordi: a ogni pagina una sorpresa e un brivido. Per chi vive di calcio il passato si confonde con il presente. Immaginatevi quindi la soddisfazione di sfogliare questo primo dei tre volumi che due amici, Filippo Grassia e Marco Ravezzani, giornalista l'uno, fotoreporter l'altro, hanno dedicato al grande calcio di Milano, ma che è destinato a tutti quelli che amano il football e lo vivono con passione. Indipendentemente dalla fede. In questo libro c'è il calcio genuino, fatto di sentimenti grandi e puri. Ci sono le imprese di Milan e Inter (o viceversa, non voglio offendere nessuno) che hanno portato Milano alla ribalta internazionale con largo anticipo sui tempi dell'industria, del turismo, della moda, dei grandi eventi culturali e mondani. Quando il Milan di Rocco e l'Inter di Herrera vincevano a più riprese la Coppa dei Campioni e la Coppa Intercontinentale, il boom industriale era come si suole dire agli albori. Allora Milano esisteva per il Duomo, il Castello Sforzesco, la Pinacoteca, per quelle strade immense che oggi appaiono come rimpicciolite dalle file di auto schierate lungo i marciapiedi e, non ultimo, per lo stadio di San Siro. Un monumento anch'esso. Lo posso raccontare con dovizia di particolari io che sono nato a Cusano Milanino e da ragazzo guardavo le meraviglie di questa città metropolitana con il naso all'insù. Per la gente di provincia, Milano rappresentava una meta da guadagnare e venerare perché ti dava lavoro e lavoro voleva dire pane, companatico e magari qualche piccolo lusso. Il calcio ha avuto il grande merito di anticipare i tempi della rinascita a meno di vent'anni dalla fine della seconda guerra mondiale grazie a imprenditori lungimiranti e generosi come Andrea Rizzoli, Luigi e Franco Carraro, Angelo Moratti e Ivanoe Fraizzoli: giusto per rimanere al periodo che fa da sfondo a questo libro. Alla prima foto il primo brivido, davanti a me l'immagine che ritrae il Milan mentre entra in campo a Wembley per giocare la finale di Coppa dei Campioni contro il Benfica del grande Eusebio, considerato il miglior giocatore al mondo dopo Pelé. Mi rivedo in quella fila dietro Maldini e gli altri, accanto ad Altafini: un giovincello che aveva da poco compiuto ventiquattro anni. Ero in grande forma. Qualche giorno prima, il 12 maggio, avevo annullato Pelé a San Siro in una partita amichevole vinta dall'Italia sui campioni del mondo per 3-0. A dieci giorni esatti di distanza eccomi a disputare la gara più importante della mia vita. Ero convinto che mi sarebbe toccato il compito di marcare Eusebio. Invece Rocco e Viani diedero questa incombenza a Benitez che non aveva il passo giusto per tenerlo a freno. Infatti Eusebio superò Ghezzi al quarto d'ora con un gran tiro. Allora Cesare Maldini, che faceva da allenatore in campo, cambiò le marcature. Mi disse: "Vai su Eusebio, non deve più tirare": A sua volta Benitez si spostò su Coluna liberando Pivatelli in mezzo al campo. Le cose migliorarono. E Altafini, lanciato da Rivera, sorpassò il Benfica nella ripresa. Eravamo campioni d'Europa. Il mio primo trofeo, una gioia indimenticabile." (Dalla Presentazione di Giovanni Trapattoni) Coordinamento di Gaia Fiertler.
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