Teatro romano di Brescia. Progetto di restituzione e riabilitazione
Ci sono alcune considerazioni da fare a introduzione di questo nostro lavoro, un progetto durato più di sei anni comprese le interruzioni, che fin dall'inizio è stato condizionato dal sospetto di essere un lavoro arrischiato, scomodo e dal futuro quantomeno incerto, malgrado le dichiarazioni e le impegnative ufficiali, cioè malgrado l'appoggio incondizionato e il sostegno concreto dei suoi promotori. Sospetto che però, fin dall'inizio (fin da quell'unico incontro, a dir poco surreale, col Sovrintendente ai Beni Archeologici della Lombardia), si era rivelato più che fondato, a giudicare appunto dalle reazioni dei funzionari responsabili, ma anche dallo scetticismo e dalla diffidenza degli addetti ai lavori. Tanto che, iniziato come un regolare incarico professionale del Comune di Brescia e dopo un iter lungo e accidentato, questo lavoro si conclude adesso con la sua pubblicazione che, per ora (diciamolo per scaramanzia), rappresenta il solo risultato tangibile di un lavoro diventato nel frattempo un'esercitazione accademica. Infatti, malgrado l'inizio promettente, questo progetto è stato portato a termine solo grazie all'intervento del Ministero della Università e della Ricerca Scientifica, che lo ha finanziato per intero. Questo spiega in parte le incertezze, i tempi lunghi e le frequenti interruzioni (per il resto dipendenti invece dalle molte resistenze e ostacoli, incluso, verso la fine, il divieto di accesso all'area), dovuti appunto al sospetto di aver avviato un lavoro praticamente inutile e senza sbocco, a meno di un miracolo, oppure di una rivoluzione che costringesse i funzionari responsabili a vedere finalmente con intelligenza e realismo la questione del ruolo dei monumenti antichi nella città contemporanea. Cosa non impossibile in teoria, ma per ora del tutto improbabile, vista l'accoglienza riservata appunto a un progetto come questo. Un progetto che voleva essere una risposta esemplificativa e possibilmente anche esemplare proprio alla questione del rapporto fra monumenti e vita quotidiana nelle nostre città, una questione che sembra però improponibile oggi, anche se l'incuria e il degrado del nostro patrimonio monumentale sono sotto gli occhi di tutti. Forse è questa la speranza che ha sostenuto fino alla fine questo lavoro, malgrado il suo declassamento a esercitazione, la speranza che la sua proposta avrebbe potuto smuovere le acque di una prassi burocratica ormai consolidata che, fattasi lei stessa teoria, ha perduto anche l'ultimo filo che la teneva legata a un pensiero sia pure minimamente creativo. Una speranza sottile come un filo, appunto, se devo basarmi sulla mia ormai lunga esperienza (dal progetto per il castello di Abbiategrasso del 1970 in poi). (Dall'Introduzione di Giorgio Grassi)
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