La fine dell'amore
Il 14 maggio 1922, confessando di averlo fino ad allora evitato per una sorta di 'timore del sosia', Sigmund Freud scrive ad Arthur Schnitzler: «Il suo determinismo come il suo scetticismo - che la gente chiama pessimismo - la sua penetrazione nella verità dell'inconscio, nella natura pulsionale dell'uomo, la sua demolizione delle certezze convenzionali della civiltà, l'adesione dei suoi pensieri alla polarità di amore e morte, tutto ciò mi ha colpito con una inquietante familiarità». Se da un lato la 'inquietante familiarità' e il 'timore del sosia' espressi da Freud testimoniano la piena appartenenza della scrittura di Schnitzler alla cultura che, tra la fine dell'Ottocento e gli inizi del Novecento, ha fondato la visione contemporanea del mondo, dall'altra il riferimento alla 'polarità di amore e morte' costituisce la ragione della scelta di questi quattro meravigliosi racconti. Un amore può morire (come nel caso de "La moglie del saggio") di morte naturale perché uno dei due amanti, a distanza di molti anni, scopre fortuitamente un comportamento dell'altra che gliela fa apparire in una luce completamente diversa. Ma quando a morire, improvvisamente o a seguito di una lunga malattia, è uno dei due amanti, allora è la morte stessa che, insinuandosi nel rapporto, determina non solo la fine dell'amore, ma addirittura la sua trasformazione. Così, in "Morire", il racconto che aprì a Schnitzler la porta della notorietà, la malattia di Felix, e il terribile patto stretto con la fidanzata Marie, indirizzeranno i loro sentimenti in direzioni opposte. Ne "I morti tacciono", invece, la morte per incidente di Franz, rischiando di compromettere la vita borghese di Emma, cancellerà in un attimo un amore ritenuto imperituro. E in "Fiori" un omaggio floreale apparentemente proveniente da un'amante ormai morta risveglierà nel protagonista un amore considerato oramai spento.
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