L'inafferrabile presente
"Achille Massimiliano Chiappetti adotta le migliori lenti, quelle di Eschilo, di Sofocle, di Euripide, attraverso cui osservare e giudicare il senso etico e il grado di moralità di questa società. Tutte le sezioni della sua terza, ponderosa raccolta, propongono, perciò, con consapevolezza dei propri mezzi linguistico-espressivi, un impianto poetico di sguardo fermo sul male, sul dolore, sulla morte; ma anche di pietà profonda sulla condizione dell'uomo di questo tempo, non disgiunta dalla coscienza dello splendore della vita e della speranza, richiamando così i poeti a riassumere il ruolo che dovrebbero svolgere. Chiappetti si è tenuto estraneo ai fuochi pirotecnici dannunziani, al pastello dei crepuscolari, alle tentazioni fono-simboliche care al "fanciullino" pascoliano, come alla religione assoluta della poetica della parola, fiorita sui tavolini fiorentini alle Giubbe Rosse, tra gli ermetici entre deux guerres, stabilendo un contatto d'atmosfera non già linguistica, con il mito negativo della "città moderna come deserto o bordello" di Sbarbaro, a sua volta influenzato da Baudelaire e dalla cultura poetica francese, ancorché fittamente coniugata con Leopardi. Tuttavia, mentre Montale ci avvertiva che nell'opera sbarbariana (Trucioli, in particolare) 'tira un vento di malattia; ma calma, quasi sorridente, quasi compiaciuta di sé', in Chiappetti la parola chiave è kairos, ovvero il tempo favorevole, nel quale ogni cambiamento è possibile..." (Dalla presentazione di Gino Rago)
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