L'orologio di Dalì
Pochi, rarissimi poeti hanno la capacità di dare in un libro la forza ciclica di un moto che include e porta con sé come una canzone, un mantra, un rito e però anche gli shock di versi memorabili, schegge, come improvvisi riflessi sui vetri in piane assolate. Serricchio è poeta di doppio movimento, pacato, crescente e intenso -e di lampi, sciabolate, illuminazioni. La sua voce viene dall'antico - qui compare addirittura il sedile di pietra di Omero -e alle sapienti movenze della millenaria poesia si tiene. Però non mancano qui scarti, versificazioni frante. L'antico, però, per Serricchio studioso di storia non è un retaggio, una eredità, ma un suggerimento circa la misura del tempo. La vastità del passato suggerisce qualcosa circa la vastità dell'istante. Il tempo - come ha mostrato la poesia del primo Novecento da Eliot a Rilke - è una contemporaneità assoluta e ferita. Il titolo stesso della raccolta dice qualcosa in proposito. (Dalla prefazione di Davide Rondoni)
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