Galassia. Avanguardia e postmodernità
Al centro di questo libro è la questione della "nascita" dell'arte e della storia dell'arte, oltre che della "natura" dell'opera d'arte. Lo suggeriscono i discorsi di Bataille e di Aby Warburg, il dialogo tra Breton e Lévi-Strauss, la polemica, perfino aspra, tra Gombrich e Arnheim ("arte concettuale", "pensiero visivo") o la lettura foucaultiana di Manet, la cui esperienza, dice il filosofo francese, rende possibile l'arte del XX secolo. Centrale, com'è ovvio, resta l'intenzione di compiere un'attenta riflessione intorno ad alcuni passaggi radicali dell'esperienza dell'arte del Novecento. Ma, oltre ogni pur meritorio lavoro di ricostruzione storiografica, "Galassia" entra nel vivo del dibattito in corso e affronta la domanda cruciale sul destino dell'arte e della critica d'arte, oggi, dopo la caduta dei "grandi racconti" e la fine dell'avanguardia. La domanda, come, appunto, suggerisce il sottotitolo, "Avanguardia e postmodernità", è racchiusa nella sequenza avanguardia, postmodernità, fine dell'arte. Su questi temi il testo prova a fare chiarezza, mettendo in evidenza della postmodernità i percorsi e gli itinerari, ma soprattutto insistendo sul fatto che il postmoderno, come del resto la stessa modernità, non è riducibile a un pensiero unico né a un punto di vista privilegiato. La tesi è che la fine dell'avanguardia, nell'epoca postmoderna, non è anche la fine dell'arte, ma è l'eclisse della critica d'arte, della cui crisi si ricostruiscono i momenti essenziali.
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