I giudizi direttissimi fra codice e leggi speciali
Misura minima del processo penale, il giudizio direttissimo attraversa i secoli, apparentemente indenne al mutato contesto costituzionale. Banco di prova del processo accusatorio sin dal primo codice post-unitario, esso rappresenta per molti uno strumento prezioso, quasi irrinunciabile. Eppure i dati indicano un costante insuccesso statistico del rito. Nell'affannoso tentativo di dare risposta alla perdurante crisi di efficienza della giustizia italiana, il legislatore moltiplica le forme del giudizio direttissimo extra codicem e ne rafforza la cogenza, imponendone l'adozione al ricorrere dei presupposti di merito. Da qui una sua rinnovata centralità nel dibattito dottrinale. Immutato nelle forme essenziali e tutto schiacciato sul dibattimento, il giudizio direttissimo tradisce alcuni principi del modello accusatorio a cui idealmente si ispira, poiché non assicura a tutte le parti le condizioni essenziali per l'esercizio di quei diritti che la Costituzione e le Carte europee dichiarano essere l'ossatura del "giusto processo". Questo studio intende rimetterne in discussione i capisaldi, prendendo le mosse dall'analisi critica dei presupposti di merito ed affrontando con realismo il volto attuale del rito speciale, nelle sue forme tipiche ed atipiche, nelle sue parti statiche e dinamiche. Arginare gli aspetti discriminatori insiti nella disciplina in esame e relegare l'esemplarità del rito ad un passato di cui non si ha nostalgia: questi gli obiettivi che ci siamo posti.
Momentaneamente non ordinabile