La «ragionevole durata» delle indagini
La trama normativa che fissa limiti cronologici per lo svolgimento delle indagini preliminari, nelle linee di fondo, tuttora risponde all'originario disegno. Nell'assetto che è venuto alla luce, a giocare un ruolo significativo è il principio della ragionevole durata. Non può negarsi un nesso tra tale direttiva costituzionale e i termini posti alla ricerca delle fonti di prova; tuttavia, l'incidenza e il peso di questo legame dipendono dal modo d'intendere l'art. 111 Cost. In quest'ottica, ad offrire le coordinate di riferimento deve essere il fine di tutela della persona, valore che - nel rappresentare il fulcro del "giusto processo" - ispira anche la garanzia della ragionevole durata: un argine, dunque, alla forza pervasiva dell'art. 112 Cost. E secondo tale chiave di lettura che deve essere esaminata, nelle diverse articolazioni, la disciplina volta a circoscrivere entro un rigido lasso temporale le indagini preliminari. In tal senso, l'iscrizione della notitia criminis e i meccanismi di verifica giurisdizionale appaiono i cardini di un impianto normativo che - non immune da vizi congeniti - è spesso tradito a causa di esegesi riduttive. Il pericolo di analoghe tendenze si registra sul versante dei molteplici canali integrativi che servono a bilanciare la previsione di indagini preliminari a "tempo": qui l'obiettivo deve essere la salvaguardia dei delicati equilibri tra gli interessi antagonisti.
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