L'assoluto affettivo
La pro-affezione decide la qualità umana del giusto senso delle passioni e delle azioni della vita. Il fondamento del giusto senso dell'esistere non è semplicemente l'essere-bene, ma il voler-bene. Il voler-bene – sentito, sperimentato, voluto – è il principio edificante e il criterio discriminante di ogni far-essere che dà vita al mondo. Quello che il cristianesimo chiama “Dio” coincide ontologicamente con questo principio: verità e grazia per la creatura umana. Il lungo oscuramento filosofico del primato del voler-bene rispetto all'essere-bene, paga ora un duro prezzo. Il bene si converte nella normalità del semplice stato di benessere e il voler-bene si presenta come un'eccezionale esperienza di gratificazione. Questo indebolimento ontologico dell'affezione ci rende ora impreparati a decifrare e a contenere le potenze selvagge dell'amore ridotto alla pulsione e dell'essere-bene ridotto al godimento. Un dialogo serrato con la storia della filosofia e della teologia – attraverso le varianti di questa rimozione, ma anche attraverso le anticipazioni della sua riscoperta – impone di metter mano più risolutamente al progetto di una nuova apertura filosofica alla nominazione affettiva dell'assoluto. Prendere congedo dall'ontologia anaffettiva che tiene in ostaggio la ragione è un vero e proprio kairos della fede.