L'umanità del Dio
La manifestazione di Gesù – la persona e gli affetti, le relazioni e gli effetti, l'inedito religioso e la singolarità teologale – è la pietra angolare della rivelazione del Dio in cui la fede riconosce la sua giustificazione. Una teologia incompatibile con la storia di Gesù smette di essere teologia. Nella incessante ripresa di questo vincolo insuperabile della manifestazione e della rivelazione, l'atto della fede percorre le vie dello Spirito nella coscienza delle creature umane (come riconoscere “Gesù Signore”, altrimenti?), sempre e solo ripercorrendo la via del Figlio nella vicenda di un figlio ebreo (che elude i “messianismi” già predisposti della politica e della religione). Una rigorosa fenomenologia dell'esperienza di Dio con Gesù e in Gesù – accessibile a tutti – è dunque il passaggio obbligato per il realismo della fede. La libertà dell'affezione di Dio, che stabilisce con l'umano una comunità di origine e di destino, appare come la perfezione stessa dell'amore del prossimo, che Gesù porta alla stessa altezza dell'amore di Dio. L'abisso “incomprensibile” di questa libertà pro-affettiva è il vero “immutabile” del Dio che si rivela in Gesù. Questa svolta affranca il pensiero della fede dall'inerzia residuale di una meta sica dell'assoluto che difende Dio dal suo stesso amore. E incalza il pensiero umano a uscire dall'incantamento del nichilismo onnipotente di una ragione senza cuore.
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