Il timore di Dio
Il tondo di Bosch riprodotto in sovracoperta rappresenta, secondo la critica, la forma dell'occhio di Dio: nell'"iride" sono illustrate le scene della Passione di Gesù; nella "pupilla" (quasi a smentire che il vero senso di quella storia risieda nella sua cupa tonalità cromatica) viene raffigurato un pellicano, l'uccello che nell'iconografia medievale simboleggiava il Cristo, perché dà la vita ai suoi piccoli nutrendoli con il proprio sangue. Questo saggio può essere considerato come una riflessione originale sullo sguardo di Dio e su ciò che esso suscita nell'uomo. A tale sguardo, per definizione, è impossibile sottrarsi: è una buona notizia o una scoperta inquietante? Ognuno di noi, almeno una volta nella vita, avverte il sentimento della possibile ambiguità di Dio: dietro un volto in apparenza buono e promettente, Egli ne cela forse uno preoccupante e minaccioso. Questo sospetto alimenta la paura, perché ci fa sentire nudi ed esposti a un occhio che scruta implacabilmente la nostra inadeguatezza. E così che l'esperienza religiosa universale immagina Dio, al modo di un Faraone strapotente, nello stesso tempo e senza criteri apprezzabili prodigo di favori e dispensatore di disgrazie. E la religione della paura e dell'assoggettamento servile. Gesù dissipa le nebbie di questa ambiguità con un'inaudita folgorazione sulla verità di Dio, quella che spesso ci si rassegna a considerare pura illusione: Dio, fin dalla creazione del mondo, e dopo ogni colpa, è passione inestinguibile e tenera cura.
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