Il culto dell'emozione
Dalle profondità della società tecnologica e iperorganizzata riemerge oggi, prepotentemente, l¿irrazionale come emozione forte, shock, turbamento. I media ne sono il veicolo più pervasivo, diffondendo - dai film, alle 'fiction', ai videogiochi - immagini capaci di suscitare emozioni altrettanto violente. In molti modi si esprimono attualmente le nostre pulsioni emotive: il ritorno alla natura magica e misteriosa, l¿attrazione per il paranormale e per forme di religiosità mistica. E poi il fascino delle esperienze comunitarie, dove il gruppo torna a essere, a fronte del 'freddo' individualismo che caratterizza la nostra esistenza, una dimensione rassicurante e 'calda' di vita. Quali sono i rischi di questa trasformazione che, se da un lato rivaluta l¿'Homo sentiens' accanto all¿'Homo sapiens', dall¿altro tende a renderci sensibili solo alle catastrofi, ai massacri o, tutt¿al più, a qualche vittoria sportiva? Perché rincorriamo solo le emozioni forti? L¿"emozione-contemplazione", afferma Lacroix, continua a essere poco attraente perché, al contrario dell¿"emozione-shock", si esprime nella durata. E il tempo è esattamente ciò che manca alla nostra società , che riduce anche l¿emozione a "oggetto di mercato", facilmente e rapidamente fruibile. Si preferisce allora l¿eccitazione di un momento a una vibrazione più intensa che potrebbe arricchire la nostra anima mentre guardiamo un tramonto, leggiamo una poesia, ci soffermiamo davanti a un quadro. Di qui il paradosso che l¿autore scandaglia. Proprio ora che l¿emozione si risveglia, e potrebbe mitigare gli eccessi della razionalizzazione, l¿uomo rischia di non saper più 'sentire': la bulimia di sensazioni forti anestetizza la sua sensibilità .
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