Il pensiero antico
A volere mettere ordine nell'odierno modo di pensare, filosofico e non, si avverte il rischio dello smarrimento, tanto esso appare disperso e confuso. Tuttavia, questa complessità è pur sempre l'esito di uno sviluppo che ha carattere storico e che, quanto più si avvicina alle sue origini, tanto più si semplifica e si concentra. Così, gli albori del nostro pensiero occidentale filosofico e scientifico, con quella sua particolare razionalità e curiosità del mondo, sono descritti e ripercorsi da Giovanni Reale con metodo, rigore, completezza e, ancor più, con la consistente forza sintetica che gli deriva dalla capacità di individuare una linea di interpretazione unitaria e costante attraverso tutta l'opera. A guidare la trattazione è il criterio che la storia del pensiero antico sia segnata dalla scoperta del mondo soprasensibile a opera di Platone e di Aristotele. Prima di tale momento, con i filosofi presocratici, a prevalere era la dimensione "precategoriale", cioè né fisica né metafisica; dopo Platone e Aristotele, con le filosofie ellenistiche, si pone la possibilità di concepire un mondo trascendente, oppure solo immanente, di tipo materialistico e corporeistico. Anche queste posizioni si consolidarono in antagonismo teoretico con l'istanza della trascendenza, venendone in qualche modo condizionate. Nell'ultima fase del pensiero antico, costituita dal neoplatonismo, si impose la prospettiva della trascendenza, fino a riassorbire lo stesso mondo fisico in quello metafisico. Ciò - fa notare puntualmente Reale - poté avvenire solo in un sotterraneo colloquio tra fede e filosofia. La lettura di quest'opera, dunque, ci guadagna la convinzione che il nostro mondo abbia una primitiva fonte e che della sua complessità si possa ancora oggi venire a capo, prendendone le distanze e risalendo a una posizione che è sì lontana nel tempo, ma anche assai elevata. Viene in mente, a questo proposito, il giudizio di Heidegger: la filosofia antica è nata grande. I concetti [...]
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