La maniera mutata. Il «Dolce stil novo» tra scrittura e «Ars poetica»
Il dibattito sul cosiddetto "dolce stil novo" è bloccato da tempo su due posizioni decisamente contrapposte: parte della critica assume quell'espressione come sigla storiografica, capace di definire in sintesi la poetica dei rimatori toscani che guardano al bolognese Guido Guinizzelli e si stringono attorno a Guido Cavalcanti e a Dante, mentre un'altra, crescente costellazione di studiosi tende a dissolvere 'scuola' e poetica del "dolce stil novo", restringendola al solo Dante e a momenti d'intesa con gli amici Cavalcanti e Cino da Pistoia. Attraverso un'indagine sistematica sui testi questo saggio è approdato alle seguenti conclusioni: fondatezza e legittimità del titolo di "padre" degli stilnovisti attribuito al Guinizzelli; radicamento profondo della teoria e della prassi del "dolce stil novo" nella teologia creaturale e nella dottrina biblica dell'ispirazione; utilizzo coerente e motivato dell'Ars poetica oraziana, con particolare riguardo al rapporto "moti dell'animo"- parola e parola-pubblico. Contro i tentativi di liquidazione, si conclude dunque per una sostanziale tenuta della sistemazione storiografica proposta da Dante per la poesia volgare del Duecento, dentro la quale il "dolce stil novo" si accampa come tentativo felice di accordare sentimenti e parola, tradizione e novità , messaggio biblico e definizione oraziana della poesia.
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