La caccia rossa

La caccia rossa

In un tempo passato e indefinito, un uomo trasporta un misterioso carico assieme a tre persone incaricate di scortarlo che però lo tradiscono, assalendolo e depredandolo. Il protagonista di oggi, Andrea Bianchi, insegnante milanese di biologia che, per liberarsi dalla depressione che lo affligge, si reca per una vacanza in Trentino, nel borgo montano dove ha trascorso gli anni della prima infanzia assieme alla madre e al padre, ingegnere incaricato di realizzare una gigantesca diga. Dopo alcuni giorni, nel corso di una passeggiata, scopre il corpo di una vecchia contadina uccisa da un animale che successive indagini non riusciranno a identificare. Mentre gli inquirenti brancolano nel buio, Andrea incontra l'ubriacone del paese - il solo in grado di fornirgli informazioni utili - che, nel corso di un'animata conversazione, cita il termine vernacolare "l'acaza selvadega (= l'acacia selvatica)". Non comprendendone la relazione con l'omicidio, Andrea incontra il direttore del Museo locale che interpreta la frase in "la caza selvadega (= la caccia selvaggia)", chiaro riferimento a una truce e oscura leggenda sulla figura di un cacciatore, il Beatrick, e sulla sua muta di cani assassini. Nel frattempo, coloro che indagano sull'omicidio scoprono che il padre di Andrea era uno degli ingegneri del progetto della diga, avversato dalla comunità locale e causa di un reciproco clima di odio. È solo un preambolo a una serie di avvenimenti che investono la famosa tragedia del Vajont, la morte del padre, i sanguinosi omicidi imputati ad Andrea Bianchi tornato per vendicare il padre. Fuga rocambolesca, cattura inevitabile, prigionia nelle segrete del castello: Infine il ritorno a Milano desideroso di riprendere la propria attività.

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